Una volta mio padre mi disse: "qua a Fogg' n'g st'c nint!..". Un'altra volta mio zio accennò: "vattinn', che a Fogg' n'g st'c nint!..". Poi fu la volta di un mio amico, che rivelò: "cosa pensi possa darti questa città?! Sint a me: scappa. A Fogg' n'g st'c nint!..".
Insomma tutti, come avrete facilmente compreso, insistevano sul solito dato, poco statistico e molto pratico, che a Foggia vi sia ben poco, per usare un eufemismo. Un leit-motiv per altro da sempre sottofondo di circa il 90 percento dei discorsi dei miei concittadini, i quali attribuiscono a quest'atavica e inqualificabile carenza (appunto "n'g st'c nint!..") la causa prima e ultima di tutti i loro problemi: dai soldi che sono sempre pochi, ai disguidi familiari, passando per un'eccessiva fila nella sala d'attesa del medico, e finendo con quella pizza un po' bruciacchiata mangiata in un locale che tanti avevano lodato. I soliti drammi esistenziali, diciamo.
Tralascio poi per amor del breve, e per non sperdermi nelle lande desolate del superficiale e dell'irrazionale, tutta la riflessione sul paradigma "n'g st'c nint" quand'è applicato al calcio. E in particolare alle prestazioni del tanto bistrattato Us Foggia, squadra locale dai colori rosso-neri, famosa per avere uno stuolo di sedicenti tifosi che riescono a pontificare della totale assenza di schemi tattici, della malvagia caratura tecnica dei giocatori della rosa, e della scarsa attitudine all'impegno degli stessi dopo neanche tre minuti del primo tempo della prima partita di campionato. Al grido naturalmente di: "quist'ann n'g st'c nint!..".
Generazioni di filosofi, antropologi, studiosi della psiche e pensatori vari hanno speso anni ed energie preziose per tentare di capire cosa diavolo possa mai figurarsi in quel "nint" così tanto evocato dalle insaziabili anime di questa mia città. Ma non c'è stato nulla da fare. Anzi, mo 'u fatt (ossia, "casca a pennello"): "n'g è st't nint da fa'!"
Malelingue minoritarie tendono semplicisticamente ad identificare, in quest'ormai abusata perifrasi foggiana, uno sforzo di tensione verso una delle forme più espressive della cosiddetta "arte del lamento". Un'ipotesi che obiettivamente non mi sentirei di escludere a priori. Ma allo stesso modo sarebbe errato ritenere del tutto irrilevante il potenziale principio metafisico sotteso al concetto di "nint". Qualcosa in cui comunque non intendo per ora imbattermi, non avendo le capacità adatte. E neanche il tempo, sinceramente.
Ma spero in fin dei conti di aver mosso in voi, foggiani e non, filosofi e non, lamentosi e non, un piccolo sussulto di curiosità tale da produrre qualche domanda in più sulla reale essenza di questo piccolo grande mondo chiamato "nint". Alla prossima.
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