lunedì 29 novembre 2010

Et in terra pax

Era giunta l'ora di dirsi addio. Seduti allo scalone di quella chiesa con tante colonne, che guardava assopita le nostre nuche cadenti. Teste basse, come due penitenti. In attesa di giudizio. Il nostro.
E ora come farò? Come farò senza le tue sorprese? Come farò senza le tue richieste e le tue esigenze? Chiedevo io. Sapendo che non mi era dovuta alcuna risposta, né tanto meno alcun compatimento. Ma quello non era tempo di domande, di rimpianti, di preghiere o quant'altro. Era solo tempo di godere del poco tempo che restava.
E vidi passarmi davanti tutte le immagini di ciò che avevo vissuto e di ciò che avrei potuto. Sorrisi allora, e senza scegliere un'immagine ben precisa pensai all'origine, al prima, a quando tutto doveva iniziare e tutto doveva ancora essere.
E mi ricordai di paure, speranze, dubbi e progetti. Mi ricordai che sognare la vita spesso è meglio che viverla. Mi ricordai di ieri notte.
Ero sempre qui, e salutavo la fine di una giornata. Proprio come sto facendo ora. Benvenuta notte. Addio oggi.

martedì 16 novembre 2010

Meta-sogno

Una notte ho fatto un sogno. Non ne ricordo precisamente tutti i passaggi, ma sono sicuro che c'era lei, il mio desiderio ricorrente. E rincorrente. Riciclando sinteticamente un versetto evangelico spesso si usa dire: "chi mi ama, mi segua". Ecco, anch'io avrei voluto solo seguirlo l'amore, ma lui è sempre scappato più veloce. Allora son stato costretto a inseguirlo, a rincorrerlo quasi. Non l'ho mai pedinato però, giuro.

Ma torniamo al sogno. Nuotavamo. Io nuotavo...era per forza un sogno.
Le dissi: "Ehi, non ho molta resistenza in acqua. Ricordi?"
Rispose: "Certo che me lo ricordo," - prima di aggiungere con voce sommessa, ma neanche troppo - "è per questo che siam venuti.."
Ma mi amava in fondo, e non solo in fondo al mare. Lo intuivo anche dal suo profondo ed indistruttibile silenzio quando le chiesi: "Dolores, ti andrebbe di stare con me? Stasera? Domani? Quando vuoi!"
"Facciamo dopodomani, forse..", sillabò lei, poggiata di schiena ad un bancone da bar che fiancheggiava una delle due sponde del torrente in cui nuotavamo. (E' un sogno, e c'è un bar in un fiume. Non rompete i maroni!)

Poi mi domandò con quell'aria stronza di chi ha già la risposta a ciò che sta chiedendo: "Ah Genio, ma non è che per caso sei stato tu a mandarmi quella lettera anonima e inutilmente sdolcinata che mi ha fatto tanto girare i coglioni?"
Rovinato come un portiere che, oltre ad aver scelto il lato sbagliato su cui gettarsi, s'è appena accorto d'essersi buttato su una merda, io farfugliai una frase del tipo: "Assolutamente no, Dolores! Mi piaci, certo, ma non fino a questo punto..", senza rendermi minimamente conto di cosa cazzo volesse significare.
Ma non restai neanche troppo a pensarci. Perché non feci in tempo a rammaricarmi di quanto detto, che lei mi  stampò sulle labbra un bacio di una tale compostezza geometrica, che pareva parte integrante di una grande scenografia allestita dalla Repubblica popolare cinese.

Un bacio istintivo, solo all'apparenza freddo e disinteressato. Dolores lo sentiva sotto la pelle, pervasa com'era da una tristezza che solo per il troppo orgoglio non si trasformò in pianto. Un malessere interno che le chiese appunto di regalarmi, così dal nulla, quell'indimenticabile bacio.
Una fugace impronta di sé per un momento di ineffabile emozione. Per lasciarmi provare ciò che sarò destinato a perdermi per il resto della vita. Per farmi sentire di nuovo in debito con lei. E per acquisire una consapevolezza:

che Dolores non mi amava. Ma lo faceva in maniera sublime.