martedì 17 maggio 2011

E' tempo di riflettere. Magari non oggi..


"Dobbiamo fare una riflessione profonda". Nessuno rispose. "Ohi, badate che parlo con voi!". Ancora silenzio. "Giuro che adesso ve la spacco quella maledetta playstetion, o come diamine si chiama!..". Tutti finalmente si voltarono a guardarla, impauriti.
Lei, Letizia Brichetto Arnaboldi coniugata Moratti, aveva la faccia livida come una piadina, con due occhiaie, di cui una più grande dell'altra, che parevano trincee in una guerra da poco interrotta. Loro, quelli con cui esigeva di parlare, erano alcuni tra i suoi compagni e colleghi di partito e di coalizione, nonché altri collaboratori accomunati dallo stesso datore di lavoro.
Letizia li costrinse a sedersi tutti attorno al lungo e stretto tavolo di quel salone che puzzava di noia con quei mobili inutilmente antichi, comprati apposta per puzzare di vecchia borghesia. La casa non era di nessuno dei presenti; era una villa messa a disposizione da un amico per permettere a Moratti & Co. di rifugiarsi e attendere serenamente gli aggiornamenti provenienti dallo spoglio delle urne.
Ma di sereno ormai non c'era più nulla, nemmeno il cielo. Dal primo pomeriggio un vero e proprio sisma elettorale si era abbattuto su Donna Letizia, sindaco uscente, e più in generale sul centrodestra milanese: l'oppositore Giuliano Pisapia in vantaggio di quasi 7 punti percentuali, il Pd che prende quasi gli stessi voti del Pdl, preferenze quasi dimezzate per Silvio Berlusconi rispetto alle ultime comunali. Quasi tutto insomma era andato come quasi nessuno si aspettava, neanche il migliore degli ottimisti del centrosinistra. Figuriamoci Bersani.

Quando tutti furono finalmente seduti, sciura Letizia prese ad incalzare: "Allora, vogliamo far partire questa riflessione?".
Maurizio Gasparri borbottò un: "Ma chi? Dove? Cioè, adesso dici?", e Letizia lo infilzò con uno sguardo alla Uma Thurman in Kill Bill, prima di aggiungere: "Maurizio renditi utile: vai a prendere delle pizze. Non voglio costringerti alla tortura di ascoltare e provare a capire."
Gasparri ringraziò e si allontanò dalla sala. A sentir parlare di mangiare sbottò Giuliano Ferrara:
 - "Ecco Letizia, finalmente hai detto una cosa seria: la pizza. Altro che le cazzate sui terroristi che rubavano auto nel secolo scorso. Così pensavi di fregare Pisapia?!.."
 - "Ma che vigliacco! Certo che hai proprio la faccia come il culo di uno scimpanzè: siete stati voi a scrivermi ciò che dovevo dire quel giorno, a dirmi di esagerare con le calunnie sulla fedina penale che quelle la gente non le dimentica mai, l'hai dimenticato?!"
 - "Si ma il giorno dopo dovevi chiedergli scusa, cretina! Ti avevamo scritto anche quello. Cos'è non sai leggere?!"

Allora Letizia, irata e tirata, rovesciò la sua cartellina sul tavolo, prese il foglio di cui si stava parlando e lo mostrò a Ferrara: "Ehi ciccione, lo vedi o no che qui non c'è scritto più niente dopo la calunnia finale?".
Ferrara si ammutolì sorpreso: "Ma è impossibile, l'avevo scritto io sull'altro lato dello stesso foglio che ha fotocopiato Daniela!". Letizia si voltò, e vide Daniela Santanché che tentava di scivolare via dalla sedia per sparire dalla vista degli astanti. Così tuonò:
 - "Lassini fermami quella troia!"
 - "Ma come ti permetti?! Troia me lo faccio dire solo dai maschi, hai capito?!"
 - "Daniela, stramaledetta Daniela, come mai sulla mia fotocopia manca il retro del foglio scritto dal ciccione?"
 - "Vabbè Letizia, su... Un errore capita a tutti, no?! Non sapevo che i fogli avessero anche un lato di dietro... Non prenderla così dai... E poi oh, devo dirlo? Hai fatto bene a non chiedere scusa a quel drogato terrorista di merda di Pisapia! Si fottesse!"
 - "Tu sei solo una povera demente, Daniela, e sei anche un cesso: che un cesso si può pure restaurare, ma sempre un cesso rimane."

Letizia ondeggiò il capo da destra a sinistra in segno di sconforto, ripetendo volutamente ad alta voce: "E' colpa mia! E' tutta colpa mia che ho affidato la mia campagna elettorale a questi quattro cialtroni! E' colpa mia e di quello stronzo di Silvio!.."
La interruppe bruscamente Denis Verdini:
 - "Letizia però non puoi abbatterti così, dai... In fondo abbiamo pareggiato, no?!"
 - "Di grazia, allora ditelo che volete farmi venire un esaurimento nervoso!... Ma tu chi sei? Il fratello di Sconcerti? Da dove salti fuori? Cosa cazzo stai dicendo? Ti pare un pareggio 48 a 41? Ma a te non ti avevano messo a fare la raccolta dei parlamentari in giro per l'Italia? E allora pensa a quello e cerca di non dire stupidaggini, porca eva!.."

Fu allora che intervenne, con la smorfia sicura e concentrata tipica dello studente paraculo che vuol fare bella figura, il pimpante Giorgio Straquadanio:
 - "Il punto, cara Letizia, è che hai sbagliato ad attaccare il tuo avversario. Eri in testa, potevi evitarlo. E poi non è nel nostro stile, non è nello stile del Pdl. Anzi non dovevi confrontarti proprio: quando un sindaco uscente ha tanti contendenti, non ha bisogno di confrontarsi con loro. Non è nel nostro stile, non è nello stile del Pdl."
 - "Straqualcosa senti, con te non voglio arrabbiarmi, perché altrimenti ti autorizzerei a pensare che hai voce in capitolo, che conti qualcosa. Ma sappiamo tutti che non è così. Tu servi solo a riempire le poltrone del talk-show, e basta. Non mi far girare la balle anche tu!.."
 - "Letizia questo non te lo concedo!"
 - "Straquacoso me ne sbatto! Devi tacere! Cosa ne sai tu di noi e del Pdl? Sono quindici anni che son qui a rovinarmi la reputazione e adesso arrivi tu, folgorato da non so quale illuminazione, a spiegarmi cosa facciamo noi della destra?! E poi tu non stavi nei radicali? Te lo ripeto: pensa ai palinsesti e a dove andare a far casino, e lascia stare le cose serie!"

Una voce dal fondo s'insinuò: "Uè Letizia allora fattela tu la riflessione, visto che noi siamo tutti scemi. E non ho capito... Si capiva da mille chilometri che la tua era una campagna elettorale zigzagante, senza una linea coerente diciamo.."
Lui era Gateano Quagliariello. Letizia diventò viola in volto: "Nooo, pure lui no! Vi prego toglietemelo dalla vista, sennò mi ammazzo! Adesso ci manca solo la lezione politica dalla terronia... Cioè questo straccione che da giovane stava nei radicali a predicare il bio-testamento, e che dopo vent'anni è stato capace di dire che Eluana Englaro era stata uccisa dal padre, oggi viene qui a parlarmi di coerenza?! Ma poi come parli? Cos'è una 'campagna elettorale zigzagante'?... Vuoi farmi vedere che anche al sud avete la scuola dell'obbligo?"
Quagliariello si accigliò e concluse: "Sei una cafona Letizia, riferirò a Silvio.."
Pronta la Moratti: "E fa come vuoi, riferisci; anzi chiamalo, chiamalo adesso! Così ci parlo anch'io con Silvio, visto che è da ieri che non si fa rintracciare. Vorrei dirgli un paio di cosucce.."

E all'improvviso, come in un'apparizione di santi, come un supereroe dei fumetti, come il prevedibile imprevedibile colpo di scena di un film, ecco che si materializzò in sala proprio lui: Berlusconi.
Donna Letizia schizzò in piedi quasi prima di tutti, seconda solo dopo Straquadanio:
 - "Silvio finalmente! Noi dobbiamo assolutamente parlare di ciò che è succes.."
Silvio non la fece terminare:
 - "Lo so, Letizia, lo so. Sei agitata, ti capisco. Vuoi parlare di ciò che è andato storto, e lo faremo, parleremo, approfondiremo. Ma con calma, non avere fretta. Per adesso c'è solo una cosa da fare: dare tutta la colpa a te. L'autocritica ti farà guadagnare elogi e simpatie, visto che fin ora ti abbiam fatto fare la parte della stronza, e non è andata bene. Ricorda Letizia: hai sbagliato tutto, e reciti un grande 'mea culpa'. La gente capirà. Tu capirai. Ora ti lascio, ho un impegno urgente. Riflettiamo domani."
Quindi allargò le braccia e urlò: "Ragazzi è giunta l'ora: puttan tour!...."


mercoledì 11 maggio 2011

LA MALEDETTA IMPORTANZA DEI DETTAGLI


Ho davanti agli occhi una foto di mio fratello, datata parecchi anni or sono. Una bella foto; come è banalmente bello tutto ciò che rimanda al passato, a tempi che hanno ormai esaurito tutto il potenziale delle gioie e dei dolori quotidianamente vissuti, e che si assestano ora nel magma dei ricordi al livello irraggiungibile di ciò che è stato e non tornerà mai più. Nostalgia. Superficiale e stupida nostalgia.

Guardo la foto di mio fratello che sorride, avrà avuto vent'anni all'epoca. Forse era il giorno del settantesimo compleanno di mia nonna; forse era l'onomastico di mia madre; chissà, nella mia famiglia si festeggiava davvero qualsiasi cosa, quasi ogni due tre giorni. Qualcosa di impensabile per me adesso. A quei tempi ero poco meno che un adolescente, ma credo di poter dire che quelle continue reunion tra parenti servissero a esorcizzare la tristezza di base delle nostre vite. O forse, molto semplicemente, era bello stare insieme. Spesso le spiegazioni più semplici son quelle che rasentano meglio la realtà delle cose.

Penso a ciò che aveva davanti a sé mio fratello mentre gli scattavano quella foto, penso al suo sorriso. Sicuramente a farlo ridere sarà stato Gianluca, un cugino suo coetaneo, sempre pronto alla battuta scema; oppure sarà stato zio Paolo in una delle sue solite incursioni a fottere il cibo dai piatti altrui. Non credo fosse un sorriso di circostanza per l'obiettivo il suo, mio fratello non amava mettersi in posa. Però neanche rifiutava le foto, e gli piaceva esser ritratto nel modo più naturale possibile.

Scruto la foto con mio fratello: è in piedi con una birra nella mano destra, mentre la sinistra si riposa nella tasca di un jeans chiaro che, a confronto con i jeans pluri pezzati e borchiati di adesso, pare quasi il pantalone di un pigiama. Quindi guardo verso il basso, e vicino all'angolo sinistro della carta fotografica mi ritrovo lei, proprio lei: la stramaledetta LuisaEra la ragazza di mio fratello. Non ho ricordi precisissimi, ma insomma posso dire che si frequentavano da parecchi mesi.

Quella sera era seduta a un lato del divano che c'era nella cucina di casa di nonna, visto che spuntava involontariamente nella foto solo per il suo profilo facciale. E magari non avrò una buona memoria, ma posso dire con certezza che quella fu una delle ultime, se non proprio l'ultima volta che Luisa ebbe a che fare con la nostra famiglia. Di lì a poco infatti iniziò a fare del male a mio fratello come neanche un sicario assoldato dalla mafia.
Divenne sempre più impertinente e nervosa. Discuteva con mio fratello, che di lei era molto innamorato, e poi improvvisamente si rimetteva a lui come la donna più felice del mondo. Un giorno mio fratello scoprì che Luisa lo derubava, ma non se la prese più di tanto; anzi le disse che in fondo capiva la vergogna che lei avrebbe potuto provare nel chiedergli del denaro.
Il guaio vero fu quando scoprì che quei soldi in realtà servivano a Luisa per comprare eroina. Fu l'inizio di un dramma: i litigi si sprecavano; mio fratello tentava di convincere Luisa a smettere di bucarsi; lei continuava a sfruttarlo e a dirgli di essere innamorata di lui; a casa mio fratello non parlava più; e neanch'io, che seppi della cosa poco dopo, potevo aiutare i miei che si chiedevano cosa stesse succedendo al loro figlio. Quindi Luisa arrivò a lasciare mio fratello, e dopo tutto quello che s'era ritrovato ad affrontare, per lui fu un colpo durissimo. Così si ritrovò ad entrare nell'ambiente delle sue amicizie, per provare a salvarla, più che a riconquistarla; ma fu lì che, disperato, prese a farsi d'eroina anche lui.
Una sera, tornando a casa, trovai mio fratello svenuto in macchina, il laccio ancora legato al braccio. Non c'era niente da capire. Fortunatamente evitò il coma. Non era certo un tossicodipendente, si riprese; ma passò, e passammo, delle bruttissime settimane.

Mio fratello ricominciò a parlare dopo tre mesi, e lo faceva solo con me. Fu allora che ascoltai tutta la triste storia di lui e Luisa. E mi fa piacere ricordare che dal risveglio post-overdose lui non volle sapere assolutamente più nulla, nemmeno una parola, di colei che lo stava portando alla distruzione.
Anch'io non so che fine abbia fatto la maledetta Luisa, e non mi interessa. So soltanto che in una foto, in una bella foto di mio fratello ancora giovane e allegro, un pezzo della sua faccia spunta, insolente, come una macchia nascosta tra le decorazioni di una tovaglia; e con esso spunta anche il suo ricordo, il ricordo di tutto il male che lei ha causato a mio fratello.

Guardo la foto e penso che adesso la strapperò. Certo si è bella, immortala un bel momento. E quella faccia poi, lo so che era solo un dettaglio. Ma quel dettaglio mi stava rovinando la giornata. E a mio fratello stava rovinando la vita.


sabato 7 maggio 2011

I tristi attori della nuova umanità


Tutti voi, che credete di essere democratici e liberali, solidali e progressisti, intelligenti e onesti, fondamentalmente buoni.
Voi che vi considerate dalla parte giusta, che quasi sempre è la parte del più forte.
Voi che odiate il male, ma non vi siete mai posti il problema se il male sia davvero dove voi pensiate che sia.
Voi che condannate la violenza, però con qualche "se" e molti "ma".
Voi che inorridite davanti alla strage del vicino, volete una pena severa per il delinquente rumeno e chiedete realismo all'extracomunitario sbarcato senza un soldo sulla nostra riva.
Voi che celebrate la chiesa cattolica, i suoi santi, i suoi principi cardinali e i suoi princìpi cardine. Ed esultate per la morte di un uomo. E per festeggiare i vostri capi disperdete il senso della realtà davanti al baraccone dell'evangelizzazione mediatica, facendo ciò che farei io in uno stadio, con la sola differenza che io almeno ho la consapevolezza di essere un pazzo fanatico senza pretese di credibilità. Voi no.
Voi per cui la pace in fondo è soltanto un'utopia.
Voi che avete creduto alla balla dell'esportazione della democrazia.
Voi che avete sostenuto l'America nell'esportazione della democrazia e continuate a sostenerla ora nella "lotta al terrorismo"; ma dimenticate di sostenerla anche per le esecuzioni capitali, le violazioni dei diritti umani, le speculazioni finanziarie che hanno scatenato la crisi economica mondiale, e l'appoggio velato a diversi regimi dittatoriali.
Voi che pensate si possano fare "missioni umanitarie" con caccia, missili, fucili e carri armati.
Voi che dopo la notizia della morte di Bin Laden avete pensato all'11 settembre e avete gioito.

Voi che forse avete dimenticato che fare la guerra significa uccidere. E solo in Afghanistan, dall'inizio della missione militare ad oggi, sono morti più di 8.800 civili.
Civili, ovvero persone, esseri umani. Come noi. Come Voi. Forse.