domenica 4 agosto 2019

Il male del Foggia siamo noi, o anche: del brutto vizio di esserci sempre


Nove anni fa, era luglio, buona parte di Foggia si ritrovava tra gli antichi fasti dell'ex teatro Ariston per festeggiare il ritorno di "don Pasquale" Casillo. I soci autoctoni al comando del pallone cittadino avevano detto basta, e Casillo si era presentato tirando fuori l'asso della nostalgia: Datemi il Foggia gratis e vi porterò Pavone, Zeman e il "calcio champagne". Il sentimento popolare era esploso in sostegno del patron campano, il cui arresto per concorso esterno in associazione mafiosa (da cui fu poi assolto) nel 1994 diede il via alla rovinosa valanga: lui perse aziende e potere; il club crollò, fino a fallire (2004), salvando solo la terza serie professionistica. Lì dove Casillo aveva voluto riprenderci. Per riportarci in alto, i foggiani erano sicuri.
Tutti, o quasi. Gran parte degli ultras e pochi altri semplici tifosi, infatti, avevano scelto di restare fuori, dall'Ariston e dalla sbornia di euforia: Casillo è qui solo per vendicarsi, userà il Foggia e il ricordo felice di Zemanlandia per riprendersi ciò che ha perso. Se non lo avrà, ci lascerà morire.
La maggioranza, però, era eccitata e «percorsa da un brivido elettrico», come ha scritto qualcuno più bravo di me: Sapete solo criticare, non vi sta mai bene niente. Tirapiedi. I tifosi come voi sono il male del Foggia! - assicuravano. Purtroppo si sbagliavano
Un anno dopo ci saluta Zeman, due anni dopo Casillo: la società va nelle mani del sindaco, la squadra sparisce dal professionismo. E spariscono pure molti tifosi. La maggioranza non c'era più. Punto.
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Sono le 20:25 del 4 agosto.
Il Calcio Foggia 1920, nuovo sodalizio che ripartirà dai Dilettanti avendo ereditato il titolo sportivo della città dopo la mancata iscrizione in C del club dei Sannella, ha scelto il suo allenatore. Sarà, è ormai certo, Alessandro Faioli Amantino detto Mancini: tanti anni di grande calcio tra Roma e Inter, poi nel 2018 la licenza da tecnico. In mezzo, nel novembre 2011, una condanna (con rito abbreviato, quindi scontata di un terzo) a 2 anni e 8 mesi per violenza sessuale e lesioni personali ai danni di una ragazza brasiliana, con in mezzo le attenuanti generiche per averla risarcita. Mancini, dopo la sentenza ha poi proseguito senza intoppi la propria carriera sportiva prima da calciatore e ora, quindi, da futuro mister.
Cosa abbiamo? 1) Una condanna in primo grado per stupro. 2) Nessun giorno di reclusione e nessuna evidenza di pentimento o volontà pubblica di riscatto rispetto a un reato così schifoso. 3) Le gare da allenatore, in qualsiasi categoria e posizione, di Mancini: zero.
In sintesi: uno sconosciuto, da tecnico, piomba in una realtà di provincia con mille problemi che sta tentando a fatica di scrollarsi di dosso il peso di una società caduta sotto il peso di accuse di illecito sportivo e riciclaggio di denaro, e lo fa con addosso il marchio di una condanna per stupro. La nuova proprietà (nelle figure di Roberto Felleca e Ninni Corda) ha deciso che è l'uomo giusto, ha fatto le proprie valutazioni e ha stabilito, non si sa in base a quale assunto, che non si possa fare calcio in Serie D senza uno dei tanti più o meno illustri personaggi del calcio che finiscono nei guai per violenza sessuale e ne vengono fuori sempre sostanzialmente illesi. «Non so l’esito di un eventuale secondo grado o della Cassazione, ma il suo procuratore ci ha garantito che il casellario giudiziario di Mancini, al momento, è pulito». Ah, ok.

Manca ancora, però, la parte più bella della storia: noi, il pubblico. Il mitologico popolo rossonero, quello che lo batti, lo percuoti e non muore mai. Quello che niente perdona e tutto dimentica.
Qualcuno, nei giorni scorsi, ha alzato la manina, sui social, come si fa ora per abitudine alla comodità: Mancini no! Io sulla panchina del Foggia un condannato per stupro non lo voglio! - abbiamo scritto, non in troppi. Reazione di pancia a una voce di mercato che sembrava sparata lì a caso, come tante. Ma alle prime conferme salta il tombino e partono gli schizzi di acqua e merda.
Una banalità, quella che almeno a molti di noi sembrava una banalità (la violenza sessuale è un reato grave e chi lo ha commesso non può essere accettato come uno che a 15 anni ha rubato perché aveva fame), diventa l'ennesimo motivo di spaccatura e autolegittimazione tra tifosi: Ma finitela, sempre a lamentarvi... Il male di Foggia siete voi! Per questo nessuno vuole mai venire qua - sentenziano, e vanno oltre. Una ragazza mi dice di pensare alle "cose serie" e trafigge il mio animo già debilitato quando capisco che per lei la violenza sessuale non rientra tra queste. Qualcuno mi invita a dedicare ore alla Play Station, come se avessi giocato a fare il ds dando giudizi tecnici su Mancini (che nessuno può dare, visto che non hai mai allenato uno stracazzo di nulla). Un altro sbotta: Ti meriti Vaccariello (mister di scuola calcio prestato alle opinioni inascoltate nelle tv locali). Il valzer sale pian piano di ritmo, finché la mentalità di provincia mista al peggior fondamentalismo dell'italiano 2.0 prende spunto da un retorico mannaggiaddio inserito nel mio flusso di post e incalza: Lui ha violentato e tu bestemmi -. La mia testa va in tilt.

Non sono il solo, come detto, a reagire così alla notizia e a mettere in dubbio il sostegno economico alla nuova società in assenza di un segnale diverso, di ascolto della piazza per ottenerne fiducia. Molti esprimono lo stesso fastidio su Mancini nella mia cerchia di contatti, che in ambito social network trova la definizione azzeccatissima di "bolla". Già, perché al di fuori c'è la realtà, quella vera o altra da noi che spesso fingiamo di non vedere. Quella che, nel caso specifico, se ti va bene ti dà del moralista; se invece ti va male, e vuole subito far capire al padrone da che parte sta, scrive un articolo su I sepolcri imbiancati del tifo rossoneroMi bastano poche parole per capire di che pasta è l'invettiva e subito mi viene in mente la gag con Guzzanti che quasi investe un uomo e poi, per non farsi denunciare dal pignolo portatore di legalità, la butta in caciara: «Allora rivuoi il comunismo?! Rivolete il comunismo?! Allora ditelo..Lasciateci fare quello che la gente vuole che noi facciamo».

Avere un principio, portarlo avanti e metterlo in discussione, mettendosi in discussione, per molti è diventato un problema se non una faticosa perdita di tempo. Perché parlare di una condanna per stupro quando si può parlare di quale modulo farà Mancini, se il 4-3-3 o il 3-5-2, oppure di quali parolacce si beccherà alla prima doppia sconfitta consecutiva? Spero non accada mai, perché il Foggia è la mia seconda pelle, ma mi farà ridere sentire eventualmente gli epiteti che si beccherà il brasiliano, magari un bel Vattinn' in Brasil', stu nir d merd', con annessa rivendicazione contro questi che vengono in Italia a rubarci il lavoro e le donne, che visto il contesto politico nazionale ci sta tutta.
A spegnere i fuochi, si fa per dire, ci ha pensato lo stesso presidente Felleca, sottolineando che «poi le proteste dei tifosi che minacciano di non sottoscrivere gli abbonamenti sono di pochi a fronte di tanti che ci ringraziano». Ti ringrazio anche io, in realtà, Felleca. Perché hai svelato nuovamente la vasta anima reazionaria del popolo foggiano, capace di mettere da parte l'amor proprio e accettare di tutto pure se non ha nulla da perdere.
Come se l'esserci sempre fosse una condanna. Mentre può essere al massimo un vizio, perché l'unica condanna è la passione vera per questi colori. Quella per cui il Foggia è roba tua e non gli faresti mai ciò che non faresti a un pezzo imporante della tua vita.
Così noi saremo qua, pronti a farci sentire quando, passato Mancini, verrà meno l'euforia e i veri tifosi si saranno dimenticati ancora una volta di essere la maggioranza.