lunedì 17 novembre 2014

"Io non sono antirazzista, ma": Tor Sapienza non spiegata a chi non vuole capirla

Venerdì, 14 novembre

Dove finisce la miseria? E dove inizia?

Il sole è alto, colorato e sta scendendo, ma riscalda quest'aria gelida in una Roma che Roma non pensa di poter essere. L'autobus per arrivare qui, partito dalla metro di Ponte Mammolo, in pochi minuti ha già fatto il suo dovere, allestendo una farsa di legalità tra controllori e polizie improvvisate a mietere multe i cui frutti nessuno mangerà mai.

Il biglietto non è valido, chissà da quanti giorni lo usi sto biglietto, ah il biglietto non ce l'hai?, eh ma questo biglietto non è obliterato, quindi non hai i documenti, dai controlla nello zaino, mi spiace te lo giuro guarda fosse per me. Le porte restano chiuse, questo posto è fatto per essere ostaggi.

Scendo, scendiamo, camminando lo spaesamento si fa meno aggressivo, ma resta sempre alle calcagna, l'odore di pneumatici di un gommista mi conforta, profumo di normalità, la strada da fare non è chiara, ma ci sono solo due sensi di marcia: avanti o indietro. Certi luoghi sono costruiti per invitarti a non rimanerci.

Si prosegue. La prima telecamera e il primo microfono, all'uscio di un luogo dismesso e occupato, segnalano la presenza di evento funesto nelle vicinanze proprio come un filotto di auto parcheggiate sul ciglio di una strada provinciale ti dicono che la festa del paese è già iniziata.
Poi arriva una secchiata di acqua colorata e rivitalizzante.


La bellezza non è casuale, sta dov'è bisogno che ci sia.
Le vie che tagliano questo stradone si fanno sempre più strette; i marciapiedi si restringono sempre più, e superarli significa saltare tra montagnette di asfalto buttato lì a caso, sopra le radici di alberi che non conoscono la sportività e, quando possono, si gonfiano come vene a pulsare sui bordi di un pezzo di terra da cui vorrebbero fuggire.
Decidiamo di tornare indietro, il nulla si è fatto troppo nulla, la prospettiva disegna solo una lunga carreggiata. L'idea di essersi persi ci accarezza maliziosamente, soffia vento sempre più fresco, infila docile le mani tra i capelli e ne tira fuori pensieri rassegnati.
Poi la rassegnazione si fa schiaffo: stupidi, che credevate di trovare? Cosa cercate che non avete?


È Tor Sapienza pure questa, mi dico. Anzi, m'arrendo.
Il degrado ha le sue incomprensioni, come la grande scultura finita in una chiesa senza storia o senza nemmeno un pezzo della croce di Cristo.
Lucidamente cambiamo sponda dello stradone, sappiamo di essere più vicini alla meta, abbiamo tre opzioni, fingiamo di vagliarle tutte e tre, poi scegliamo quella di fatto già presa, prima di accorgerci del nome: via della Cicala. Parallela di via della Formica e via della Farfalla. Stiamo andando ad assistere a dell'odio diffuso, ma lo facciamo con stile, e attraversiamo villette di una tranquillità e di un silenzio che mettono paura.
Alla fine della discesa c'è il parco. C'è tanto verde, il sole costruisce il suo ultimo ponte sullo sfondo. L'aria pare sotto anestesia, non fa male, non fa bene.


Poi lo stormo se la dà ad ali levate. Eccola la zona rossa, che poi è una zona nera.
Il benvenuto alla realtà ce lo danno le pattuglie, le troupe della tv subito dopo, e i blindati ancora oltre, con la finanza a chiudere la scenografia.
Si pensa piano per non far rumore, parafrasando un banale Vasco, ma soprattutto per non dare nell'occhio. Qui ultimamente sono tutti stranieri: gli stranieri, i giornalisti, gli italiani che non parteggiano per questa comunità, i politici passati a capire il livello di disumanità, e pure quelli venuti a sciacallare nel calderone mediatico più che in quello locale.
Un'ambulanza va e viene, capi di polizia gestiscono il disordine pubblico, il popolo è in prepartita. Sembrano le mute incomprensibili scene iniziali di un film.


Deve arrivare Marino, Ignazio, il sindaco, o il suo simulacro.
Chi non ha una buona vista, o non è abbastanza alto, il primo cittadino non lo vedrà praticamente mai, infatti. Perché se una prima scorta lo protegge, una seconda, abusiva, scorta lui e la sua scorta in una specie di processione impazzita, attorno a cui ruota la la terza scorta, con gli obiettivi e i microfoni. In mezzo, l'odio, con la gara a chi lo urla meglio, con lo slogan più accattivante e simpatico, contro chiunque, ovunque.


È il disagioLo spiegano: la sera qui c'è solo buio, non ci sta niente, quell'impalcatura sta là da cinque anni, i bambini non possono giocare, abbiamo paura, la sporcizia, le bottiglie di birra per terra, le macchine rotte, rubano, si prostituiscono, poi i trans, scopano per strada io li ho filmati, l'iPhone, l'iPad, gli danno pure la ricarica telefonica, 30 euro al giorno, 35 euro al giorno, 40 euro al giorno, non lavorano, non sanno che fare, sono abbandonati, la maggior parte so pure minori, anche se qua i minori non ci sono mai stati, a me dispiace pure, non so tanto loro quanto è piuttosto il campo Rom, io non sono razzista ma.

Ho la testa livida di confusione.
Sono incapace di reagire, chi ha più fegato di me e prova a intavolare un dibattito si trova poi con la mia stessa espressione dal malessere intrappolato.
Sono tre ore e sembra passata una vita; una vita di guerre dove uno dei due nemici non c'è, ma devi fidarti, esiste.
Qui non c'è più spazio, questa è la sintesi. Non c'è più spazio per altro, non c'è più spazio per l'altro. Per uno che anela solo a un'innocente vita tranquilla, ce ne sono nove che quelli lì non li vogliono più, e basta.

Il colore, la razza, la provenienza, la causa: la storia non è più una risposta, la povertà non è più niente.
"Siamo noi i poveri". E allora io sono ricco? Trasecolo. È facile porre le distanze da casa, dal pc, dalla televisione, ma qui il rancore è vivo e brutale, e ti parla non staccandoti mai gli occhi da dosso: "Vieni a vivere qui, e poi vediamo!..."
E pensi però che quel "prova a vivere qui" è lo stesso margine di dubbio che meriterebbero loro, gli altri.
Pensi che i criminali a chilometro zero non siano meglio o peggio di quelli venuti da fuori.
Pensi che non te ne frega niente di quanti soldi gli danno, anche se sai che quella dei 30 euro è un'enorme cazzata in malafede, saranno al massimo 2 o 3 al giorno.
Pensi che loro, gli altri, quando sono partiti, hanno fatto una scelta e la stanno affrontando, nel bene e nel male, e sono vite come la tua, e per questo meritano rispetto.
Pensi, ma quanto ho pensato oggi? È così difficile spiegare che l'odio porta odio?

Perché io non sono anti-razzista,
ma quelli che vorrebbero cacciare gli immigrati mi fanno proprio schifo.

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