domenica 23 marzo 2014

La differenza tra il bene e il giusto è altrove


Sorrido interessato, con gli avambracci fermi sulla ringhiera del mio balcone, spiando l'evoluzione di una faccenda che non mi riguarda, ma è proprio per questo più invitante e utile dell'inconveniente che mi ha portato qui.
Ho come la sensazione che quel signore calvo e dai rigidi baffetti neri finirà, prima della fine di questo post, col cedere dinanzi all'invadente finta gentilezza di questa ragazza che sa ciò che vuole e ancor di più quello che non vogliono gli altri: "Salve. Scommetto che, da buon padre qual è, le interesserebbe un modo per dare un futuro più sicuro a suo figlio!"
L'uomo si ferma tirato come dal lazo di un cowboy, lei capisce subito di aver colto nel segno, per quanto le probabilità fossero molto alte già in partenza, e insiste: "Abbiamo un piano che fa per voi, è perfetto. Le dico solo che maledirà di non averci pensato prima".
Da notare l'uso dei pronomi: il piano è "per voi", ma chi avrebbe dovuto pensarci prima è lui. Il baffuto, poco meno di cinquant'anni, ha la faccia di quello che prima di uscire non stava pensando ad altro che un sollievo per la sua condizione familiare. Come tutti.

Non riesco a leggergli gli occhi da qui, non che ne sia particolarmente capace, ma per come agita la mano nella tasca sinistra del pantalone verde scuro, tirandovi fuori a più riprese delle chiavi, pare evidente che non sia tranquillo. Lei non aspetta nemmeno di farsi interrogare sulla natura del progetto: "Si tratta di un semplice finanziamento, non farò giri di parole: con 100 euro al mese per il resto della vita, dopo la sua morte darà diritto a suo figlio di percepire da noi un reddito minimo di 500 euro, senza versare nulla".
L'uomo sgrana gli occhi, questo sì lo vedo. Traballa tra la voglia di mandare al diavolo la ragazza per una proposta tanto assurda, e il desiderio di firmare subito: "Non ci credo, mi sembra impossibile.."
Lei, un proiettile che ha ben chiaro dove andare a conficcarsi e aspetta solo la naturale proiezione della traiettoria, disegna castelli di speranza sulla tragedia di un'epoca: "Perdoni se posso apparirle dura, ma così mi offende. Se si è fermato, è perché un figlio o una figlia ce l'ha, diciamo sui trent'anni".
"Sì, ho un figlio di 32 anni, consegna pizze a domicilio, part-time, riesce a tirare su anche 500 euro al mese, ma una vita, così, non riesce a farsela, capirai..."
"Mi ha raccontato tutto senza nemmeno che glielo chiedessi, vede che sa già che può fidarsi di me?! Non starei qui a perdere la faccia, con tanto di logo della società in bella vista, se non fossi sicura di ciò che facciamo: 100 euro al mese, e suo figlio avrà tutto il tempo di cercarsi il lavoro che lo soddisfa, senza morire di fame nel frattempo. Ogni euro è garantito. Cosa potrebbe chiedere di più un padre?"

Avrei avuto da ridire qui, un padre dovrebbe ordinare a un figlio di guadagnarsi la felicità a tutti costi, col proprio talento, sostenendolo nelle difficoltà,ma senza lasciargli credere di essere un mantenuto. Avrei voluto dirlo, ma non ho figli e non c'era nessuno con me sul balcone.
A quel punto la ragazza sa di non dover usare più mezza parola di convincimento, il suo lavoro è riuscito in pieno, si limita a lasciare un bigliettino con i suoi dati all'uomo e a salutarlo col sorriso delle giornate più liete mentre il mondo sta cadendo a pezzi. Lui, voltatosi per riprendere il cammino interrotto da quella pioggia di fuoco su una ferita già aperta, mette il bigliettino in tasca e inizia a tirare su con il naso mentre strofina il dito tra i baffetti e le narici: sta piangendo, di quelle lacrime di dentro devastanti più delle gocce che cadono copiose sui visi.
Forse sta ricordando quella frase letta da ragazzo, mentre aspettava l'inizio di un concerto, sul muro di una villa di periferia occupata da coetanei che non aveva mai avuto il coraggio di frequentare.
Diceva: La tranquillità è importante, la libertà è tutto.
Chissà se è davvero così. Chissà se quella frase l'aveva letta davvero lui, e non io.


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