martedì 14 dicembre 2010

Se la violenza è un'esigenza


Le immagini riprese da un obiettivo costituiscono la più autorevole e consapevole delle limitazioni a cui siamo soggetti come esseri pensanti.
In un quadrato privo di profondità è disegnata una scena a cui dobbiamo necessariamente far riferimento per conoscere cosa sta succedendo in un determinato luogo. E' il fumo è fumo, la polvere è polvere, i vetri infranti sono vetri infranti, le mazze sono mazze, i caschi sono caschi, le bottiglie rotte sono bottiglie rotte. Tutto è come sembra che sia.
Invece no, o quantomeno non del tutto: mancano le emozioni, manca la riflessione, manca il sentimento. Manca la vita.

Se le immagini di un obiettivo fossero la sola testimonianza accettata, il mondo non avrebbe motivo d'essere vissuto e capito. Poiché basterebbero quelle immagini a dire chi sono i buoni e i cattivi, cos'è giusto e cos'è sbagliato, cos'è il bene e cos'è il male.
D'altronde se si lancia una bottiglia rotta, se si tenta di colpire le forze dell'ordine, se si accendono fumogeni e bombe carta, come si pretende di non realizzare immediatamente da che parte non sta la ragione? E' chiaro che non sta dalla parte di chi rompe.
Oltre al rischio dell'incolumità pubblica, vige il principio che chi rompe arreca danno all'intera comunità. Non si discute. Bidoni dell'immondizia dati alle fiamme, vetrine infrante, sampietrini divelti: è tutta roba che poi dobbiamo ripagare noi cittadini. E chissà quanto ci costa il tutto ogni volta. Ma il punto è che non si fa. La violenza è male, e basta.

Un parlamentare cambia fazione politica rispetto allo schieramento che lo ha eletto, e lo dice pubblicamente alla stampa motivando la scelta con poco nobili, ma concrete esigenze economiche. La "Realpolitik" di oggi.
Il proprietario di un'azienda che ha truffato i suoi risparmiatori e lo Stato per milioni e milioni di euro appare in aula in giacca e cravatta, durante il processo, con una sobrietà tale che nessuno si lascerebbe andare a commenti violenti e sprezzanti su un vecchio che attende pacato il suo verdetto di colpevolezza per essersi macchiato di reati tanto gravi.
In parlamento poco onorevoli deputati vengono alle mani, sghignazzano, si prendono in giro biecamente, straparlano lasciando per strada errori e ignoranza, esultano con tifo da stadio, vincono e perdono continuamente sulle spalle nostre da quasi vent'anni. E' al microfono tutti fanno tutto sempre e solo "per il bene del paese". E' evidente che la dignità non vale più a certi livelli.

Nulla è rotto, spaccato o divelto. Eppure sento di esser soggiogato da un padrone che è, e sarà, sempre più potente di me; glielo leggo negli occhi che si diverte a scherzare con il potere che detiene; vedo nelle sue manifestazioni formali e nei suoi riti da farsa la rappresentazione di una continua umiliazione ai miei danni. Di continuo la mia coscienza viene brutalmente stuprata dalla normalizzazione dell'immoralità e dell'ingiustizia.
Allora guardo le immagini dei passamontagna, dei caschi, delle sciarpe che coprono i visi di giovani che, più o meno consapevolmente, danno sfogo a un malessere indotto dalla violenza quotidianamente esercitata sul popolo spettatore pagante. E non provo sbigottimento. Non mi scandalizza la rabbia. Non resto sorpreso da alcun fotogramma di questa guerriglia, neanche da quello di un poliziotto che resta a terra dolorante. Anzi finisce che mi pare tutto logico e dovuto. Quasi naturale.


Da che il mondo è mondo alla violenza si risponde sempre con la violenza.

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