Avrà storto il muso un'ultima volta prima di dire: "ok, ci sto".
Come fanno gli indecisi. Ma in lui non c'è indecisione. La sua smorfia è solo un movimento innaturale per risvegliare i muscoli facciali. Spesso atrofizzati, soprattutto ai lati della bocca. Perché non parla spesso. Non è uno di quei predicatori a braccio che danno fiato ad ogni pensiero che gli gravita in testa.
Non ha avuto bisogno di pensarci troppo su, lui. Nella sua testa è tutto pronto, tutto prestabilito. Ogni possibile connessione, ogni possibile scelta, lui già la conosce prima ancora che gli venga proposta. Ma la sua faccia resta una tavola levigata dalla più insopportabile presunta indifferenza. Presunta, appunto. In realtà lui ha pensato già a tutto, sa già che domanda gli verrà fatta, e se quella domanda merita una risposta, una smorfia silenziosa o un onesto invito a passare oltre, perché quel discorso nasce già morto nella testa del suo interlocutore, e lui lo sa, e non spreca fiato per qualcosa di improduttivo.
Quando parla non pesa le parole. Ciò che dice pesa di per sé, ogni frase vale per il semplice motivo d'esser stata pronunciata.
Il cervello gli viaggia veloce, più di altri, perché non deve badare alla pressione dei compromessi. Lavora sodo, ma senza fretta. Sa che la pazienza e il sacrificio sono le armi migliori per non deprimersi nei momenti bui, e per non esaltarsi irrazionalmente quando le cose iniziano ad andar bene.
Ora è seduto sulla sua poltrona a riflettere. Forse non sta fumando, visto che l'aria è già tanto calda. Starà pensando alle frasi con cui calmerà i nascenti bollenti spiriti della sua nuova vecchia platea. Ma senza seppellirli. Perché sognare è importante, e mirare al massimo è l'unico modo per avere quanto meno il minimo.
Sono passati 16 anni. Il mondo è cambiato, vero. Ma il mondo è cambiato anche rispetto a ieri. E non è detto che sia cambiato in meglio, anzi. E allora ben vengano i ritorni, se servono a rimettere in circolo certe buone idee, certi valori sani, certi principi forti ormai da molti dimenticati.
Lui, l'uomo mite venuto da Praga, non abdica, non sogna e non si commuove. Lui pensa al suo lavoro. Allenatore. Colui che prepara i giocatori. Che gli indica la strada giusta da seguire e gli insegna come procedere regolarmente.
Perché puoi avere anche la migliore macchina del mondo, ma se non sai la strada non vai da nessuna parte. Per questo serve sempre una guida.
Bentornato Zdenek. BENTORNATO MAESTRO.
Nessun commento:
Posta un commento