giovedì 20 marzo 2008

Il lavoro..mobilita l'uomo


..(Costituzione della Repubblica Italiana:
Art. 1 - L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.

Art. 4 - La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Art. 35 - La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero
.)

..Come avrete capito, oggi ho voglia di fare della pura demagogia..
Ieri, mercoledì 19 marzo, si festeggiava san Giuseppe.
Nella concezione tutta religiosa e sacra, che pervade la celebrazione del culto dei santi, emerge però in questo caso anche uno spirito tutto "profano" nella festa. Partendo infatti dalle sacre scritture, con l'immagine bivalente di Giuseppe, artigiano e umile lavoratore, ma nello stesso tempo padre putativo di Gesù, e quindi santo proprio nella sua semplicità (tanto che il Vangelo tratta pochissimo della sua persona!..), vien fuori un'idealizzazione per cui, celebrando la persona di san Giuseppe, si celebra così l'essere umano nella sua piena realizzazione sociale: il lavoratore.
L'uomo è lavoratore: non esiste altra identificazione più immediata. La persona umana si identifica naturalmente e senza preconcetti in due soli attributi: il sesso e il lavoro.
Sin da prima della nascita, e poi anche subito dopo, la prima cosa che suscita reale interesse in una piccola creatura appena venuta alla luce è solamente il suo sesso, il suo genere di appartenenza.
Stabilito ciò, si inizia a pensare immediatamente al lavoro. Non proprio subito...diciamo dai 3 anni in sù!.. Ricordo che quand'ero piccolo si chiedeva ai bambini: "cosa vuoi fare da grande?!".
Oggi non credo si possa fare ancora questa domanda, ma piuttosto si dovrebbe chiedere ad un bambino: "pensi di lavorare da grande?!" ...oppure: "Fino a che età speri di farti parare il culo dai soldi di tuo padre?!" ...o ancora: "Dove ti piacerebbe specializzarti nella grande industria dell'elemosina?!" ...e infine: "Sei sicuro che non morirai precario?!"..
..Scrivo queste cose per provare a riderci sù, ma la questione è davvero drammatica.
Il lavoro sta subendo un tale declassamento qualitativo, a dispetto del quale la cara vecchia disoccupazione sembra una favola per piccini! Per me (e non solo per me!) il lavoro è stato sempre associato all'immagine della stabilità, della fissità, della sicurezza. Ed oltre a questo, il lavoro era principalmente rispetto, rispetto per sè stessi prima di tutto!

Ora il lavoro invece è vergogna. La vergogna di chi ha studiato per anni e anni, buttando tempo fatica e soldi, per un obiettivo ben preciso, e si ritrova, agli albori della sua carriera lavorativa, ad essere spiazzato nell'orgoglio da annunci, concorsi e generiche offerte di lavoro che non danno alcun valore agli studi fatti e alla preparazione che si possiede, e deve quindi accontentarsi di occupazioni di comodo, neanche buone a permetterti di organizzare una vita finalmente indipendente da quella dei tuoi genitori.

Il lavoro è delusione. La delusione di chi ha lavorato per 10 anni in un'azienda, ininterrottamente e senza mai lesinare sforzi, e da un giorno all'altro viene a sapere che l'azienda sta per scomparire e con essa anche il lavoro, e il suo premio per tanti anni di dedizione alla causa consisterà in un solo mese di proroga del contratto. Insomma, una volta finito il mese, tanti auguri e "chi s'è visto, s'è visto"!.. E se questo ti succede a 45 anni, con una famiglia a carico, e la totale mancanza di prospettive per un futuro che non ti aspettavi così assurdamente e improvvisamente cupo, allora gli auguri sono quantomeno d'obbligo.

Il lavoro è vigliaccheria. La vigliaccheria di quel datore di lavoro che usa la precarizzazione come strumento di ricatto verso una giovane mamma lavoratrice (trasferitasi, con marito e figli, dal sud al centro-Italia alla ricerca di un'occupazione stabile!..), alla quale viene "chiesto" di lavorare il venerdì e il sabato di Pasqua a causa della mancanza di quel personale che, forte delle certezze del suo contratto a tempo indeterminato, si gode il meritato periodo di mini-ferie pasquali che gli spettano di diritto; mentre la nostra impotente mamma lavoratrice deve accettare, per poter poi sperare che il datore di lavori si ricordi di questa disponibilità nel momento in cui dovrà stipulare con la sua dipendente un nuovo contratto, che molto probabilmente sarà ancora a breve scadenza come il precedente!.. E la nostra mamma lavoratrice, e suo marito e i suoi bambini, devono rinunciare all'idea di passare almeno la domenica di Pasqua nella terra dove hanno lasciato il cuore, nella loro vera casa e con tutta la famiglia al completo...come dovrebbe essere per tutti.

Il lavoro è sconforto. Lo sconforto di chi, in cambio di una pesante croce posta su di una scheda elettorale, cede alle promesse di stabile occupazione fatte da un politico, il quale, essendo innanzitutto un uomo, dovrebbe quantomeno sforzarsi di dar fede alla sua parola. Ed invece la promessa va a puttane perchè il lavoro non c'è; e nei casi in cui lo si riesce almeno a creare un posto di lavoro, mancano i soldi per retribuirlo, perchè chi è stato eletto evidentemente non era poi così capace come si credeva!.. E alla fine ci si ritrova con lo sconforto di chi lavora senza esser pagato...umiliazione allo stato puro!

Riflettendoci bene, però, forse un aspetto di stabilità e di fermezza c'è ancora oggi nel mondo del lavoro: è la morte sul (e anche per il) lavoro.
Quella non cambia mai, rimane un dato costante, ed è l'unica vera prospettiva di sicurezza per un lavoratore. Quale che sia il settore di pertinenza, il mondo del lavoro te lo offre sempre un modo od uno spunto per perdere la vita..

3 commenti:

Anonimo ha detto...

la sera del mio compleanno, 19 marzo (san giuseppe ecc... , correggi nick!!!), cena a casa mia (nostra), pochi amici, 5 per la precisione. "Auguri, Raffaella" Mi fa uno che conosco pochissimo - "quanti anni fai?". "27". "Ma scusa - continua - che lavoro fai?????". ("Mi sa che ho un alieno a cena", ho pensato).

Anonimo ha detto...

PS. questo quinto era il ragazzo di una mia amica... mi stava più simpatica da single

NicKappa25 ha detto...

ahahaha...Grande arrivista!
..Ecco come si è rotto il bicchiere..l'hai tirato contro l'alieno!?!..

PS. Grazie della segnalazione, correggerò. Ciao