domenica 17 aprile 2016

L'esistenza di Domenica


Un sorso impossibile da mandare giù. Poi un altro. E un altro ancora.
Domenica stava lì, in piedi al lato corto del tavolo, quello destro, o meglio alla sinistra della vecchia zia. Nel pugno mancino, nascosto lungo il fianco, si teneva aggrappata al vestito verde e rosa quasi fosse la sua vita. Ogni secondo aumentava i sorsi, e ogni sorso la stretta, ed ogni stretta le grinze. I cespugli di tessuto come evoluzioni delle sue vene gonfie e straripanti.

Domenica si riteneva fortunata, mentre l'altra presa impugnava tremante il calice a versare in bocca la pozione dannata. Lei era sempre più pallida, ma viva.
Forse aveva sbagliato ad accettare quella sfida, o forse non aveva altra scelta. D'altronde si sceglie ciò che si può scegliere, e si evita ciò che è permesso evitare. Impegnarsi a mandar giù quella bevanda dal misterioso retrogusto di polvere, piombo e carta da giornale, pur di non cedere d'un passo sul proprio stato di persona libera, si annunciava più complicato del previsto ma non impraticabile.


Perché ci si accorge di avere qualcosa sempre nel momento in cui la si sta perdendo. E non fu per la gamba attaccata alla palla di ferro; non fu per il guercio poggiato al muro di mattoni che dall'esterno le sorrideva di un sorriso a corto di due denti, o forse più; non fu nemmeno per il pugnale dalla lama fiera che le solleticava il coccige per mano e forza d'una delle zelanti schiave di quell'infame zia; non fu per alcuna di queste scene che Domenica si decise a trangugiare la sostanza, ma solo perché aveva deciso che vivere significasse stare dalla parte di chi è vivo e soltanto dopo, se proprio càpita, muore.

È un fatto di appartenenza.
Così deglutiva, e la gola continuava a contrarsi e rispuntare fuori più potente di prima, come fa in un falò la fiamma che finisce sotto il getto di spirito.
"Sono una donna, sono umana, sono libera."
"Sono una donna, sono sorella, sono libera."
"Sono una donna, sono figlia, sono libera."
"Sono una donna, sono viva, sono lib", le parole, pur se solo nella sua testa, s'interruppero. Avevano fatto tutti i giri possibili, il veleno era arrivato al sistema nervoso. Le gambe si piegarono, cadde. Per lo slancio indietreggiò anche la schiava dalla punta appuntita. Il bicchiere si rovesciò ma ne cadde solo qualche goccia, ormai era praticamente vuoto. Aveva bevuto quasi tutto, tutto il male ce l'aveva dentro Domenica. Fuori non erano rimasti che i suoi sospiri affannosi, la crudeltà dei presenti e due occhi pronti a chiudersi.

Distesa come svenuta, partigiana, era stata con la vita fino all'ultimo respiro.



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