mercoledì 11 maggio 2011

LA MALEDETTA IMPORTANZA DEI DETTAGLI


Ho davanti agli occhi una foto di mio fratello, datata parecchi anni or sono. Una bella foto; come è banalmente bello tutto ciò che rimanda al passato, a tempi che hanno ormai esaurito tutto il potenziale delle gioie e dei dolori quotidianamente vissuti, e che si assestano ora nel magma dei ricordi al livello irraggiungibile di ciò che è stato e non tornerà mai più. Nostalgia. Superficiale e stupida nostalgia.

Guardo la foto di mio fratello che sorride, avrà avuto vent'anni all'epoca. Forse era il giorno del settantesimo compleanno di mia nonna; forse era l'onomastico di mia madre; chissà, nella mia famiglia si festeggiava davvero qualsiasi cosa, quasi ogni due tre giorni. Qualcosa di impensabile per me adesso. A quei tempi ero poco meno che un adolescente, ma credo di poter dire che quelle continue reunion tra parenti servissero a esorcizzare la tristezza di base delle nostre vite. O forse, molto semplicemente, era bello stare insieme. Spesso le spiegazioni più semplici son quelle che rasentano meglio la realtà delle cose.

Penso a ciò che aveva davanti a sé mio fratello mentre gli scattavano quella foto, penso al suo sorriso. Sicuramente a farlo ridere sarà stato Gianluca, un cugino suo coetaneo, sempre pronto alla battuta scema; oppure sarà stato zio Paolo in una delle sue solite incursioni a fottere il cibo dai piatti altrui. Non credo fosse un sorriso di circostanza per l'obiettivo il suo, mio fratello non amava mettersi in posa. Però neanche rifiutava le foto, e gli piaceva esser ritratto nel modo più naturale possibile.

Scruto la foto con mio fratello: è in piedi con una birra nella mano destra, mentre la sinistra si riposa nella tasca di un jeans chiaro che, a confronto con i jeans pluri pezzati e borchiati di adesso, pare quasi il pantalone di un pigiama. Quindi guardo verso il basso, e vicino all'angolo sinistro della carta fotografica mi ritrovo lei, proprio lei: la stramaledetta LuisaEra la ragazza di mio fratello. Non ho ricordi precisissimi, ma insomma posso dire che si frequentavano da parecchi mesi.

Quella sera era seduta a un lato del divano che c'era nella cucina di casa di nonna, visto che spuntava involontariamente nella foto solo per il suo profilo facciale. E magari non avrò una buona memoria, ma posso dire con certezza che quella fu una delle ultime, se non proprio l'ultima volta che Luisa ebbe a che fare con la nostra famiglia. Di lì a poco infatti iniziò a fare del male a mio fratello come neanche un sicario assoldato dalla mafia.
Divenne sempre più impertinente e nervosa. Discuteva con mio fratello, che di lei era molto innamorato, e poi improvvisamente si rimetteva a lui come la donna più felice del mondo. Un giorno mio fratello scoprì che Luisa lo derubava, ma non se la prese più di tanto; anzi le disse che in fondo capiva la vergogna che lei avrebbe potuto provare nel chiedergli del denaro.
Il guaio vero fu quando scoprì che quei soldi in realtà servivano a Luisa per comprare eroina. Fu l'inizio di un dramma: i litigi si sprecavano; mio fratello tentava di convincere Luisa a smettere di bucarsi; lei continuava a sfruttarlo e a dirgli di essere innamorata di lui; a casa mio fratello non parlava più; e neanch'io, che seppi della cosa poco dopo, potevo aiutare i miei che si chiedevano cosa stesse succedendo al loro figlio. Quindi Luisa arrivò a lasciare mio fratello, e dopo tutto quello che s'era ritrovato ad affrontare, per lui fu un colpo durissimo. Così si ritrovò ad entrare nell'ambiente delle sue amicizie, per provare a salvarla, più che a riconquistarla; ma fu lì che, disperato, prese a farsi d'eroina anche lui.
Una sera, tornando a casa, trovai mio fratello svenuto in macchina, il laccio ancora legato al braccio. Non c'era niente da capire. Fortunatamente evitò il coma. Non era certo un tossicodipendente, si riprese; ma passò, e passammo, delle bruttissime settimane.

Mio fratello ricominciò a parlare dopo tre mesi, e lo faceva solo con me. Fu allora che ascoltai tutta la triste storia di lui e Luisa. E mi fa piacere ricordare che dal risveglio post-overdose lui non volle sapere assolutamente più nulla, nemmeno una parola, di colei che lo stava portando alla distruzione.
Anch'io non so che fine abbia fatto la maledetta Luisa, e non mi interessa. So soltanto che in una foto, in una bella foto di mio fratello ancora giovane e allegro, un pezzo della sua faccia spunta, insolente, come una macchia nascosta tra le decorazioni di una tovaglia; e con esso spunta anche il suo ricordo, il ricordo di tutto il male che lei ha causato a mio fratello.

Guardo la foto e penso che adesso la strapperò. Certo si è bella, immortala un bel momento. E quella faccia poi, lo so che era solo un dettaglio. Ma quel dettaglio mi stava rovinando la giornata. E a mio fratello stava rovinando la vita.


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