mercoledì 31 gennaio 2018

Vedere non è riconoscere

Ho visto la morte in un sogno. Non il trauma, la caduta, il dolore, la resa. No, ho visto proprio la fine.
Era tutto perso, sancito. Dovevamo soltanto decidere quando, temporeggiare fino all'ultimo centesimo di secondo possibile, solo per godersi il sapore della vita per qualche istante ancora. Ma l'avevamo davanti agli occhi, e non desiderava altro che noi.
Sono venuto dietro di te, ho subito seguito la tua sagoma. Non è stata vigliaccheria, mi hai solo colto di sorpresa. Nessun piano, tutto improvvisato. Morire per morire, tanto valeva fossimo almeno noi a sceglierne l'ora. Sfizio da condannati, poca roba. Neanche lo spazio per capire cosa ci avesse portati fino lì.
Com'è che è andata veramente?
Quanti sguardi incrociati, ma li ricordo appena. Non c'è mai stato il tempo per rallentare, fissare quei volti. Conoscere o ambientarsi non era parte della storia. Per fermarsi sarebbe stato necessario sentirsi al sicuro e noi non lo siamo stati mai. Catapultati in un gioco dalle regole ignote, con un ingresso da protagonisti e un destino da pedine. Rimbalzando veloci come i dadi lanciati sul muro, caricati sulle spalle dal peso di una sorte ricevuta in dono come colpa.
Sei qui per caso e per caso finisci.
Sfrecciano immagini di trappole schivate, affanni allenati dall'abitudine e piccoli ripari di soddisfazione ricavati a sorpresa in un sentiero scandito dal conto alla rovescia dei sogni quasi conclusi. Quando sanno che dovrai svegliarti e iniziano a spingerti verso il finale. Senza più strade alternative o vie d'uscita.
La fuga è finita.
È stato a quel punto che ho lanciato una sedia, un mobile, un aggeggio, qualcosa che speravo potesse farti da scudo. Ma non è servito. Una raffica, secca e letale, ti lascia a terra e lì resti, come in comoda posa nella pozza. Assisto alla scena come un atto dovuto, come se tra di noi fosse già chiaro che sarei stato io a cadere per ultimo.
Mio il sogno. Mia la gloria.
Avverto l'arma accarezzarmi la nuca, provo ad addomesticare l'adrenalina. Ci pensa il colpo. Uno. Pulito. Nella testa. BOOM! Addio. Però, che strano, non mi ha fatto male. Il suono non lo ricordo, è rimasto nella vita passata, ma tutto sommato è stato semplice. Sì, adesso è vero: sono morto. L'ho capito quando ho riaperto gli occhi.



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