lunedì 12 giugno 2017

Vite. Di strati


Mi capita spesso, camminando, di interrompere il passo e sollevare i talloni, voltando lo sguardo indietro verso la suola della scarpa, per vedere se è sempre pulita. Succede quando vedo che la strada è lastricata di macchie irregolari, quando l'asfalto è scuro e poco interpretabile, e soprattutto quando sento odori sgradevoli, anche a distanza di metri.
È un'abitudine strana, perché le dedico molto più impegno dell'attenzione a dove mettere i piedi o alla direzione che sta prendendo la mia marcia. Per dirla in parole povere: è molto più probabile pesti una merda o che mi stampi contro un palo, piuttosto che mi metta a camminare col fondo delle scarpe bagnato o incollante ed appiccicaticcio.
Per questo, quando passeggio, mi ritrovo a pensare ad ogni passo: "cos'è successo qui?", "chi ci sarà passato?". Un giorno di pochi giorni fa, durante una pausa o forse mentre riprendevo stanco la strada di casa, attraversando un porticato mi sono accorto di aver lasciato un'orma su una piccola superficie liquida. Una chiazza. Non aveva piovuto almeno nei dieci giorni precedenti, nessuno stava lavando nulla, di bottiglie rotte neanche una traccia.
Come ho spiegato prima, mi accorgo sempre in ritardo di dove ho messo i piedi, ma quando lo faccio, se ho pestato qualcosa che ha lasciato il segno, non riesco più ad andare avanti. Dopo una falcata con l'altra gamba, quella "immacolata", mi fermo. Lo sguardo in basso, distratto, ora si concentra sul perimetro della chiazza, non trascurabile. Quindi si estende a cercarne una fonte, che non fossi io, nello spazio immediatamente esterno. Non serve molto: a meno di due metri un uomo è steso a terra.
Appartiene tutto a lui, quel liquido, gli odori attorno, il mio blocco. Fingo di fissare bene cosa è gli successo, ma vedo senza guardare. Mi sento catapultato in un posto segreto in cui non riesco a capire quale nesso ci sia fra la mia e la sua esistenza, come possa ritenermi sullo stesso pianeta di un uomo identificato da una sagoma di roba fuoriuscita dal corpo. Nel mentre il mondo scorre, lento ma inesorabile come i rivoli che si dipanano dall'area centrale della chiazza; ed evitare di palesare espressamente che il mondo siamo noi sarebbe una vigliaccata.
Restano, e qui lascio, piccoli censimenti di sentimenti spregevoli, nel tentativo forse vano di preservarli da retoriche e strumentali autoassoluzioni.
La strada che guadagniamo quotidianamente, misura dopo misura, non è fatta solo dai passi degli uomini che l'hanno attraversata prima di noi, ma anche da quelli che abbiamo lasciato ci vivessero sopra.

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