mercoledì 4 settembre 2013

Quando un uomo è Franco


Sono Franco, e faccio il mestiere più antico del mondo. Forse il secondo.
Faccio il bagnino, da tanto. Non ricordo l'anno, ma posso dirvi che se Mosè aprì le acque, fui io a dare il permesso di attraversarle. E se non mi credete, leggete Focus.
Quest'estate vi ho spiato, dal mio buco d'aria rubato all'altezza di una torretta grigia e corrosa estorta ad una spiaggia foriera di ore interminabili come fuochi di camino invernali.
Ti ho guardato, signorina ucraina, mentre rubavi il cuore del meccanico napoletano finalmente in ferie, e so tutto ciò che di degenerato ha pensato di te la tua nuova famiglia, che per quante risate e abbracci potrà regalarti, non accetterà mai questa bionda irrefrenabile amante di una vita che si trasforma repentina in scuola di gioie. Prova sincera di un mondo che il bene non sa nemmeno com'è fatto, e che a volte lo prova stupito neanche fosse un accordo ritrovato a distanza di anni dall'ultima strimpellata.
Ti ho guadato, padre, dormire nell'attesa che, da un ombrellone all'altro, la tua bambina si scoprisse sola e matura e fingesse di cadere per sentirsi addosso quell'apprensione paterna che rende figlia ogni piccola donna. Cercando lei il tuo sguardo, e tu le sue mani, come un desiderio ricambiato destinato ad essere spazzato via dalla centrifuga del tempo che cresce.
Ti ho guardato, mamma, immaginare il fiero campione protagonista della magnificenza del tuo utero districarsi quasi quarantenne, a distanza di chilometri dal tuo lettino, in un falò di cassa integrazione e scadenze chine sul collo come gocce di sudore acido. Figlio ma non più, operaio ma non abbastanza, uomo ma non troppo.
E ho guardato te, ragazza mia, sulla sedia della tua camera a dare le spalle alla scrivania e a fissare un vuoto a caso nei pezzi di cielo disegnati sulla finestra, in licenza dalla concentrazione, per arrovellarti il cervello nel tentativo di trovare modi per spegnere il tasto del mio ricordo, ignorando dove sia perché non t'è mai interessato saperlo.
Vi ho visti andare via, tutti, da un giorno all'altro, lasciandomi a fare da guardia a questo mare che vorrebbe anch'esso ritirarsi, ma proprio non ce la fa. Ed io, senza dire nulla, resterò a guardare il suo e i vostri ritorni.
Tornerete a contenere errori e successi in bagni di profonda solitudine, e poi mi ignorerete di nuovo. Ma io non mi muovo. Perché amo così tanto il mare e il libero arbitrio, che non vorrei li usaste per fare cazzate.


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