Ci sono sentimenti, situazioni, strutture e sovrastrutture, paradigmi, concetti base di cui non possiamo fare a meno. Noi, intesi come popolazione, dobbiamo provare e attraversare forzatamente tutte quelle fasi emozionali e psicologiche che ci formano come esseri umani completi e sempre un po' più maturi. Per questo si soffre mentre si ama, si mangia quando ci si ammala, si ride dopo che si piange, si cammina quando non si dorme, si sbaglia se non si è nella ragione, si ignora prima di conoscere. E per questo si teme per poi prendere coraggio.
I bambini nascono con la paura addosso, e sono anche i primi a combatterla affrontando sfrontati ciò che non sanno, che è tanto. Tutti poi, adolescenti e ragazzi e uomini e donne via via più adulti, conviviamo col terrore. Per poi sbarazzarcene, o quantomeno per affrontarlo; altrimenti non lo sapremo mai di che pasta è fatto il coraggio. Il brivido lungo la schiena, la goccia di sudore tremolante sulla pelle d'oca che pare un campo minato, i sensi che si allertano per registrare qualsiasi modificazione della realtà esistente, in fin dei conti per confermare che hanno perso il controllo della situazione, e il susseguente salto nel buio.
Tutti abbiamo paura. Tutti, tranne i foggiani.
A Foggia la paura non esiste più. Esiste la certezza della pena, pure se non hai fatto nulla. Anzi, soprattutto se non hai fatto nulla. Un giustizialismo ancora più rozzo e triviale del giustizialismo in sé, perché rozza e triviale è la legge che lo governa. Se ci fosse un Tribunale della Violenza Foggiana, al posto del famoso motto "la legge è uguale per tutti", troveremmo una tavola con su scritto l'altrettanto noto postulato moderno: mo t shcatt 'n gurp ("adesso ti faccio soccombere definitivamente nelle tue stesse budella").
Ma non perdiamo di vista il nostro elemento fondamentale, nonché il grande assente: la paura. Il passaggio, da essere timoroso a essere con una colonna vertebrale vagamente eretta, a Foggia non esiste più. Non puoi avere coraggio se non hai paura, e non hai paura perché sai già come andrà a finire. E se non va a finire come avevi immaginato, è soltanto per pura coincidenza, o perché chi ti doveva crepare in corpo (stesso significato di "t shcatt 'n gurp") aveva altro da fare, o comunque per motivi alieni dalla tua responsabilità e volontà. Perché nella giungla foggiana il margine d'azione è limitato, e non puoi contrastare in alcun modo l'escalation del continuo subire; a meno che tu non abbia armi (coltellini, pistole, mazze, cric e altro che sfreggi), branchi di bestie numerosi con cui restituire onori e complimenti al tuo avversario, o amicizie "importanti" presso cui andare a ricorrere (termine che equivale un po' a "pregare", lì dove pregare equivale un po' a "chiedere una grazia" a colui che siede alla destra del Padrino). Facendo così, però, si entrerebbe nel modus agendi degli esseri ferini e nel loro stato di diritto. Diritto, o rovescio; dipende da dove ci si trova rispetto al loro polso.
Ma c'è chi belva non vuole diventare, e vorrebbe solo aver paura. Una legittima paura della violenza, di quel lato maledettamente oscuro della mente umana che ferisce lì dove siamo più vulnerabili: nella nostra dignità, negli affetti, nelle nostre cose. E qui il male fisico c'entra ben poco. Voglio avere il diritto di aver paura della più folle o tristemente cinica espressione della cattiveria umana. E prendere le mie misure per affrontarla, per quello che posso, senza pretendere nulla da me stesso se non la voglia di sforzarmi per capirci magari qualcosa in più di questo male da cui provo a proteggermi.
Invece non c'è niente da capire. Nessun timore, ti devi rassegnare: prima o poi subirai anche tu la cieca legge della nuova normalità foggiana. Non temere di aver fatto qualcosa di sbagliato, non serve. Sarai punito a prescindere, per precauzione, cosi capisci cos'è che governa questa piccola terra di nessuno.
Una volta i vecchi foggiani dicevano "si trasut' ind' a paur'!", per dire di quando ti accorgevi che dovevi iniziare a stare attento a qualcosa o qualcuno. Ma adesso no, lì non ci entra più nessuno.
Niente terrori, mi spiace. E non perché devi stare tranquillo, anzi; è solo che a Foggia ormai non puoi più permetterti neanche la paura.
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